Architettura genetica della sostanza
bianca
ROBERTO
COLONNA
NOTE E NOTIZIE - Anno XX – 25 febbraio
2023.
Testi
pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di
Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie
o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione
“note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati
fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui
argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione
Scientifica della Società.
[Tipologia del testo: RECENSIONE]
La distinzione degli antichi anatomisti tra materia
grigia e sostanza bianca del cervello è ancora utile in anatomia macroscopica
descrittiva, anche se si tende a seguire la deriva degli autori americani che
chiamano “materia” anche la parte bianca costituita da milioni di assoni
rivestiti da guaina mielinica oligodendrocitica[1].
Praticando un’appropriata sezione orizzontale del cervello, secondo un piano
superiore a quello che passa per i ventricoli laterali, l’interno del cervello
appare come una massa bianca, detta centro ovale di Vieussens, esternamente
circondata dall’orlo sinuoso del pallio cerebrale, ossia dalla sezione delle
circonvoluzioni o giri costituenti la corteccia. Un piano di sezione più basso
rivela che una grande formazione bianca posta fra i due emisferi, sviluppata
più in lunghezza che in larghezza e detta corpo calloso, realizza un perfetto
collegamento associativo tra i due lati del centro ovale, ovvero tra le due
metà emisferiche del cervello. Sopra i nuclei della base domina la massa di assoni
rivestiti.
La struttura di questa sostanza bianca è costituita
da sistemi di assoni tradizionalmente distinti in fibre di associazione,
fibre commessurali, fibre di proiezione e fibre centripete o
terminali, che oggi si tende a considerare la parte quantitativamente
principale del connettoma cerebrale, ovvero dell’insieme di tutte le
connessioni alla base delle funzioni del cervello. Mentre in passato si indagava
l’organizzazione morfologica macroscopica, cercando di giungere fino al livello
di risoluzione microscopica, oggi che si sono acquisite informazioni
sufficienti da questo genere di indagini, e si sono conosciuti anche i limiti
degli altri criteri di studio dei sistemi neuronici, si tende a risalire al
senso biologico sottostante il ruolo dei geni collegati alle formazioni anatomiche:
l’architettura genetica della sostanza bianca.
I tratti della sostanza bianca costituiscono le basi
strutturali delle reti di grande scala del cervello, responsabili delle
funzioni psichiche, comunicative e psiconeuromotorie che caratterizzano la
nostra specie.
Il successo ottenuto recentemente da questi studi –
basti pensare ai rapporti tra reti DTI e genetica nel disturbo depressivo
maggiore – assicura la massima attenzione a un lavoro condotto da Zhiqiang Sha e colleghi, animati da interessi che vanno
dalla comprensione della fisiologia del linguaggio e della cognizione, alla
genetica dell’encefalo tout court.
(Sha
Z. et al., Genetic architecture of the white matter connectome of the
human brain. Science
Advances – Epub ahead of print doi: 10.1126/sciadv.add2870, 2023).
La provenienza degli autori è la seguente: Language and Genetics Department, Max Plank
Institute for Psycholinguistics, Nijmegen (Paesi Bassi); Donders Institute for Brain, Cognition and
Behaviour, Radboud University, Nijmegen (Paesi Bassi); Department of Human Genetics, Radbound
University Medical Center, Nijmegen (Paesi Bassi).
Si è accennato prima all’importanza dello studio
della sostanza bianca nei disturbi depressivi perché, mentre in passato si sono
rilevati elementi morfo-funzionali associati alla psicosi schizofrenica, elementi
macroscopici così evidenti non sono erano stati rilevati per la depressione, e
solo questo genere di studi ha portato alla luce rilievi molto significativi[2].
Una recente rassegna sulle alterazioni della
sostanza bianca nel disturbo depressivo maggiore, focalizzata sui risultati degli
studi realizzati mediante DTI, ha evidenziato un diffuso difetto di
connettività. In particolare, è stata rilevata una complessiva riduzione della
forza di connettività, dell’efficienza globale e della resistenza delle reti, elementi
che possono essere interpretati come una conseguenza del funzionamento
depressivo, ma che sono anche riconducibili a peculiarità genetiche ed
epigenetiche con ruolo quantomeno concausale.
Zhiqiang Sha e colleghi hanno applicato la trattografia
dell’intero cervello (brain-wide tractography)
a immagini di diffusione provenienti dall’encefalo di 30.810 persone adulte
registrate nella U. K. Biobank. La procedura
ha consentito di identificare ereditabilità significativa:
1)
per 90 misure
di connettività di rete al livello di nodo;
2)
per 851 misure
di connettività di rete al livello di margine o bordo di confine della
rete.
Le analisi di associazione multivariata estese all’intero
genoma hanno identificato 325 loci genici, l’80% dei quali non era mai stato
associato in precedenza a misure cerebrali.
Sono poi state eseguite analisi GSEA. Ricordiamo che
l’analisi GSEA (gene set enrichment analysis)[3] è un
metodo per identificare classi di geni o proteine che sono iper-rappresentate
in un grande set di geni o proteine, che si ritiene possano essere associate a
fenotipi rilevanti o patologici. È un metodo che impiega approcci statistici
per identificare gruppi di geni significativamente accresciuti o ridotti.
Tali analisi hanno implicato processi neuroevolutivi
includenti neurogenesi, differenziazione neurale, migrazione
neuronica, guida neurale di proiezione e sviluppo dell’assone,
oltre che l’espressione nel cervello prenatale, particolarmente nelle cellule
staminali, negli astrociti, nella microglia e nelle cellule nervose.
Il profilo di associazione multivariata ha implicato
31 loci nella connettività tra regioni chiave della rete del
linguaggio nell’emisfero sinistro. Anche i rilievi poligenici per tratti
psichiatrici, neurologici e comportamentali mostravano significative
associazioni multivariate con la connettività strutturale, ciascuna implicante
distinti set di regioni cerebrali con profili funzionali
rilevanti per ciascun tratto.
Nel complesso, questo studio di mappe in grande scala
ha rivelato contributi genetici comuni a variazioni nel connettoma strutturale
del cervello umano, e sicuramente una riflessione accurata sui dati – per il
cui dettaglio si rinvia al testo dell’articolo originale – da parte dei
ricercatori impegnati nei vari settori neurobiologici interessati a questa
indagine fornirà spunti per nuove deduzioni e progetti di ricerca.
L’autore della nota ringrazia la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza e
invita alla lettura delle recensioni di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del
sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).
Roberto Colonna
BM&L-25 febbraio 2023
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e culturale non-profit.
[1] Gli antichi autori, al
contrario, a volte impiegavano il termine “sostanza” anche in riferimento alla
materia grigia.
[2] Si conoscono elementi
macroscopici associati ad una maggiore probabilità di sviluppo di depressione,
come l’asimmetria dei lobi occipitali con il lobo minore inglobato nella sua
estremità posteriore da quello maggiore che attraversa la linea mediana nel
polo occipitale, quasi esclusivamente presente nelle donne. Tuttavia, si tratta
di casi così rari da essere considerati quali eccezione alla regola dell’assenza
di correlati macroscopici della depressione.
[3] Chiamata anche functional enrichment analysis o pathway enrichment analysis.